Perdonare. Cosa vuol dire in effetti? Chi dobbiamo perdonare? Il perdono è un movimento interno. Che non ha nulla a che fare con il tentativo di modificare il comportamento delle altre persone. Un movimento psicologico, certo, attinente alla nostra personalità, ma che al contempo vada anche più in profondità, verso un nostro misterioso, sfuggente e non meglio identificato centro. Quel senso forte di soggettività che a volte compare e che a volte noi siamo. Qualsiasi cosa si voglia intendere con ciò. L’importante è tentare di farsi capire, cercando di attivare nel lettore il ricordo di esperienze personali.

Fare pace con tua madre. Fare pace con tuo fratello. Ma non con le persone fisiche là fuori. Non avrebbe alcun senso tentare di esteriorizzare questo movimento alchemico, assolutamente interno. Si tratta, invece, di fare pace con le nostre immagini, le nostre personificazioni; quelle che noi ci siamo fatti di loro. La nostra realtà. Che è qui dentro. Costruita nella nostra particolare e specifica storia di interazioni e relazioni con loro e quindi in definitiva un nostro esclusivo prodotto.

Se là fuori è lo specchio di qui dentro – e non ci sono proprio dubbi in questo, basta ricordarsene – allora il movimento importante da prendere in considerazione è in qualche modo riflessivo. Autoriflessivo. Autocontenuto. E non potrebbe essere altrimenti. Noi possiamo agire solo laddove possiamo operare, ovvero nel nostro universo locale, nella nostra soggettività, in definitiva, al limite di un solipsismo operativo.

Fare pace con una parte di noi stessi. Comprendendolo effettivamente. Accorgendosene.
Ricordandosene, durante la quotidianità,  il più spesso possibile…

 

Crediti immagine: www.mcescher.com/gallery/italian-period/hand-with-reflecting-sphere/

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Fare pace
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