19 settembre 2017

La navicella spaziale Cassini ci dice addio, disintegrandosi nel cielo di Saturno venerdì scorso, in un fatidico finale, dopo un viaggio di ben vent’anni, conclusosi con una fiammata di ardente gloria cosmica […]

Più o meno questo era il senso dell’epica notizia che stava scorrendo sullo schermo, nella piccola stanza, illuminata solo dal video e dalle deboli luci intermittenti del computer, in un lieve fruscio di sottofondo, appena percettibile.

Lo schermo video della postazione di Mark Luny, il responsabile del Progetto Cassini-SS.

Il testo continuava a scorrere, corredato dalle foto di Saturno, la sonda, le persone addette, il responsabile della programma spaziale e il centro di controllo della NASA. Una di queste mostrava la Control Room, due file di postazioni di lavoro ben allineate, lungo le gradinate che fronteggiavano lo schermo grande a parete, dove venivano proiettati istantaneamente i dati più rilevanti o urgenti della missione, e a fianco, sulla sinistra, capeggiava una grande bandiera americana, insieme agli altri stemmi. Un progetto in cui s’erano avvicendati più di 1500 persone, tra scienziati e ricercatori, operatori e controllori. Lo staff che dall’enorme mole di dati ricevuta dalla sonda aveva estratto – tra l’altro – quasi mezzo milione di immagini. Ben 27 nazioni avevano preso parte al progetto, con un budget complessivo di quasi quattro miliardi di dollari.

Cassini era stata lanciata nel lontano 1996…

Ma che rapporto c’era stato, in tutti questi anni, tra Cassini, questo manufatto umano e la Terra, anzi la Sala di Controllo e le persone che proprio qui si erano affaccendate attorno alle loro workstation? Quale tipo di contatto, di legame, di vincolo, insomma, era stato reso possibile in questa relazione comunicativa tra una macchina, il nostro strumento sensoriale, lanciato nello sperduto spazio interplanetario, e tutto lo staff umano che qui vi operava? Una relazione molto sottile, e anche molto indiretta, bisogna riconoscerlo, perché basata tutta, in effetti, sul flusso informativo inviato dalla sonda sotto forma di bit, gli zero e uno con cui funzionano i computer. E occorrono sempre i computer per ricostruire questa enorme mole di dati e per poi poterne ricavare informazioni interpretabili. Attribuirne un senso. Dati quantitativi che tradurremo in posizione, velocità, temperatura, pressione, rilevazione di radiazione elettromagnetica e quant’altro, fino ad ottenere quelle informazioni più immediate e comprensibili per noi, come sono le immagini, appunto. Che scambiamo in genere per vere e proprie fotografie… come se fossimo noi sulla sonda.

Quante emozioni, passioni e amori e – perché no – contrasti, dubbi e gelosie saranno passati per  gli schermi della Control Room e nei locali di appoggio del programma spaziale! Vicende umane tutte intrecciate con quell’incessante invio di bit, elaborati dal computer e letti poi dagli umani. Tutto quel continuo flusso informativo, mandato dalla sonda Cassini, e raccolto dalle diverse antenne, una di back up dell’altra, gestite dall’ente spaziale stesso. Un flusso informativo che viene convogliato e trasferito, attraverso fibra ottica, direttamente alla sala di elaborazione dati della missione. Quel continuo flusso informativo terminato con la dissoluzione, forse nel fuoco, della sonda Cassini. Un destino che si calcola si sia concluso alla folle velocità di 122.000 km orari.

Ecco. Siamo proprio alle battute finali. Ma Mark Luny non prova alcuna emozione. Né per gli umani coinvolti nel programma né tanto meno per l’estremo saluto della sonda Cassini.
Mark aveva provveduto in tutti questi anni a fornire ciò che ci si aspettava da lui.
Nella corretta cadenza e in accordo all’evoluzione dei programmi informatici che nel tempo si sarebbero andati perfezionando. Senza la minima defezione o incertezza. Con l’affidabilità che gli era solita. Impeccabile.

Mak Luny. Colui che aveva provveduto al buon esito della realizzazione della missione Cassini, dal suo inizio fino alla sua conclusione. Colui che l’aveva resa possibile. Colui che – di fatto – l’aveva creata.
Mark Luny, nickname del codice identificativo HJ1K7B01-19961031-20170915, aveva completato il proprio compito.

Nel frattempo il testo e le immagini dell’articolo sulla fine del programma spaziale, che scorrevano sul suo video, giungono al termine.
Il movimento di scorrimento dell’articolo si arresta sullo schermo, per poi spegnersi completamente.
Mark, il programma di Intelligenza Artificiale, deputato alla produzione di tutti i dati relativi alla missione Cassini, alla simulazione della sua esistenza, si disattiva.
E nella stanza, un piccolo box sigillato e inaccessibile, ricavato nella sala dei computer della missione ufficiale, cade il buio più profondo. Non prima però di aver mostrato sullo schermo, per dieci secondi,  il seguente testo:

Progetto Cassini-Stealth-Simulation completato.


Programma Mark Luny
HJ1K7B01-19961031-20170915
in fase di terminazione…


Crediti immagini: Farewell Cassini: Saturn spacecraft makes fiery, final dive (Update)

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Una storia fantastica