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Il secondo passo è decisamente più impegnativo. Fatto questo primo movimento, infatti, ce n’è un altro ben più innovativo, se non proprio eretico. Quello, addirittura, di provare a rovesciare l’attuale modo di vedere il mondo. E cioè ipotizzare che le cose là fuori, che, per convenzione, abbiamo chiamato universo locale – quello dove ognuno di noi può, se vuole, agire direttamente in prima persona – siano in qualche modo co-dipendenti dal nostro atteggiamento verso di esso. In senso stretto.

Cerchiamo di spiegarci meglio. Innanzitutto, che cosa intendiamo con la parola atteggiamento? È un qualcosa che viene da dentro di noi, almeno, quello è ciò che intendiamo, e che scaturisce da un modo di vedere, di percepire le cose, là fuori, come in qualche modo dipendenti da noi o, meglio, dal nostro punto di vista e dalla modalità con cui ci rapportiamo all’evento esterno. Una nostra predisposizione del momento. 

Abbiamo cercato di spiegarlo un po’ diffusamente in questo post. Non si tratta, certo, di negare l’esistenza del mondo esterno, sarebbe follia, questa, né tanto meno intendiamo toccare posizioni estreme, tipo quelle descritte da autori come Robert Lanza1. No. A noi è sufficiente riconoscere, per ora, che il senso di quanto percepiamo è sempre e comunque fornito da noi. Da ognuno di noi. Non esiste un’unica rappresentazione di quanto sta accadendo là fuori, ma tante singole e diverse narrazioni, tante quante sono gli osservatori, i partecipanti alla scena di vita che si sta svolgendo, nella nostra bolla di esistenza.

E di questo ne abbiamo l’evidenza. Certo, ne possiamo parlare. Ci scambiamo pareri e commenti, ma, nella sostanza, ognuno di noi ha assistito a un fatto personale e diverso, quindi, dagli altri partecipanti.  Perché questa, in fondo, è la realtà quotidiana. Andiamo al cinema e ognuno di noi vede le scene dalla propria angolazione e le filtra attraverso la sua propria esperienza di vita e attraverso che cosa lui è. 
Oppure nel valutare il sapore di un cibo o di una bevanda. Crediamo di sentire tutti la stessa cosa, ma questa è soltanto una nostra convinzione. O abitudine. O, semplicemente, una credenza diffusa e, naturalmente, condivisa dai più. Pensiamo che tutti vedano, percepiscano e sentano quello che sentiamo noi, tranne stupirci, poi, quando ciò non accade. Quando? Sempre. Basta accorgersene. Se non restiamo sulla superficie delle cose, e ricordiamo i malintesi o le numerose e apparenti, ingiustificate incomprensioni quotidiane.

Cerchiamo di approfondire, anche solo di un poco, le usuali banalità delle nostre conversazioni quotidiane, e ogni volta ci stupiremo di quanto diverse siano le nostre personali valutazioni, se solo abbiamo la pazienza, e il coraggio, di investigarle almeno un po’. Ciò che a noi appare così evidente, in realtà, si scontra con gli altri punti di vista diversi… a volte proprio opposti!
Se vi sembra una posizione un po’ troppo eccessiva, rimandiamo, ancora una volta, all’attacco del corso di Salvatore Brizzi, che, a nostro parere, sintetizza molto bene questa ipotesi di lavoro. Non per convincere, certo. Non avrebbe alcun senso. Ma solo per ascoltare qualcosa di spiazzante, forse, ma decisamente generativo, se fatto con la dovuta apertura mentale, e se lasciato decantare per il tempo necessario, affinché queste idee possano lentamente attecchire dentro di noi.

Non si può comprendere con la mente, una cosa del genere, non si tratta di una equazione algebrica, che determina necessariamente un risultato univoco. Si tratta, invece, di un nostro movimento totale, fisico, emotivo e mentale assieme, che ci porta fuori dal territorio del conosciuto. Pensare fuori dalla scatola 2. Un vero e proprio cambiamento paradigmatico. Vedere le stesse cose, ma con occhio profondamente diverso. In modo non convenzionale2.

Per fissare le idee, riportiamo un frammento del videocorso di Brizzi.

Affermare che la realtà esterna, non è esterna, ma si trova all’interno di noi, significa ribaltare [completamente] quella che è la concezione meccanicistica attuale.
Cercare di percepire che ciò che sta accadendo, sta accadendo all’interno di noi, della nostra coscienza e non all’esterno è un vero e proprio ribaltamento della realtà.
La realtà esterna è un prolungamento di ciò che io sono al mio interno, di ciò che io provo al mio interno, di ciò che io penso al mio interno.
Il mondo è una proiezione, è un’ombra. Ciò che noi percepiamo esterno a noi è, in realtà, l’ombra che noi proiettiamo.
Adesso, se io voglio modificare quell’ombra cosa devo fare?
Se devo modificare l’ombra, devo modificarmi io, e non tentare di modificare l’ombra, là fuori.

Che cosa comporti questo mutamento di atteggiamento è presto detto. Come minimo ci vede coinvolti, partecipi, attivi e quindi profondamente responsabili di quello che sta accadendo.  Dove con responsabile, come abbiamo già detto, vogliamo porre l’accento sull’idea di essere abili nel dare una risposta. Accezione attiva del termine, quindi, nella quale il dovere, connesso al volere e al controllo è proprio del tutto assente. Ecco, in fondo, un bell’esempio di cambiamento paradigmatico. Passare dall’idea di responsabilità considerata come il dover fare qualcosa, all’idea di essere in grado di fare quella cosa, o, ancora meglio, aumentandone il grado di partecipazione attiva, il desiderare addirittura di farla. 

Non foss’altro perché, nella nostra esperienza personale, ci abbiamo messo molto tempo prima di comprenderla veramente – noi la chiamiamo acquisizione o embodiment 3.  Quando, cioè, un concetto da idea, appartenente al dominio discorsivo, diventa costitutivo del nostro Sistema di Riferimento Personale, nell’interezza della vita quotidiana.

Tutto qui. Il passo che suggeriamo di operare è quello di iniziare a percepire tutto ciò che c’è e succede là fuori come parte costitutiva di ciò che sta accadendo qui dentro, individualmente, dal nostro particolare, specifico e unico punto di vista4. Il nostro. Attraverso quella sensibilità, che è permessa dal corpo che indossiamo, naturalmente, e con il quale siamo ovviamente identificati.
Ma questa è proprio un’altra storia… 


1 Robert Lanza, Biocentrismo. L’universo, la coscienza. La nuova teoria del tutto,  Il Saggiatore, 2015
2 Fabio Ghioni, La semina e il raccolto, 2019;   Tecnologia: protesi imperfetta e coscienza perfetta, 2013
3 Francisco J. Varela, Neurofenomenologia, 1997; Neurophenomenology, 2013
4 Fabio Ghioni, Due metà che si completano, il funzionamento di ogni cosa, 2/08/2020


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Punti di vista 2 – Atteggiamenti e paradigmi