Per Voci sul Filo, di Casa delle Culture, Teatro Sovversivo e Officina Koru

Nel 1931, quando scrivevo Il mondo nuovo, ero convinto che ci fosse ancora tempo, e parecchio. 

  • La società totalmente organizzata, 
  • il sistema scientifico delle caste, 
  • l’abolizione del libero arbitrio mediante il condizionamento metodico, 
  • la soggezione resa accettabile grazie alla felicità indotta chimicamente, a dosi regolari, 
  • l’ortodossia martellata in capo alla gente coi corsi notturni di insegnamento ipnopedico: tutte cose a venire, certo, ma non nei tempi miei, e nemmeno nei tempi dei miei nipotini. 

Non ricordo con esattezza in che anno erano collocati i fatti del Mondo nuovo. Noi, vivi negli anni ’30 del XX secolo, abitavamo, certo, in un mondo piuttosto raccapricciante; ma l’incubo di quegli anni di depressione era radicalmente diverso dall’incubo descritto nel Mondo nuovo. Il nostro era l’incubo del disordine, il loro l’incubo dell’ordine eccessivo. Venti anni più tardi, negli anni ’50 del XX secolo, io sono molto meno ottimista di quel che non fossi quando scrivevo Il mondo nuovo. Le mie profezie del ’31 si stanno avverando assai prima di quel che pensassi.

Nei capitoli che seguono parleremo di alcune fra le tecniche più efficaci per la manipolazione non di una folla, non di un folto pubblico, ma di singoli individui.

Durante i suoi storici esperimenti sul riflesso condizionato, Ivan Pavlov scoprì che gli animali da laboratorio, soggetti a una prolungata tensione fisica o psichica, mostrano tutti i sintomi del collasso nervoso. Poiché non intende far fronte a una situazione intollerabile, il cervello di questi animali, per così dire, sciopera: o smette senz’altro di lavorare (il cane perde conoscenza) o ricorre al sabotaggio (il cane assume una condotta non realistica, mostra sintomi fisici che, in un essere umano, noi definiremmo isterici). E le due guerre mondiali hanno dato conferma ampia e desolante alle scoperte di Pavlov. Ogni uomo, infatti, come ogni cane, ha il suo limite personale di sopportazione. Quasi tutti raggiungono quel limite dopo circa trenta giorni di tensione più o meno continua nelle condizioni della guerra moderna, mentre gli individui più suscettibili della media soccombono dopo soli quindici giorni. Ma, forti o deboli, a un certo punto hanno tutti il collasso.

Oggi si può indurre una tensione bastevole a provocare un completo collasso cerebrale mediante metodi che, seppure odiosi e disumani, escludono la tortura fisica. Importanti sono le conseguenze pratiche che il dittatore e i suoi poliziotti possono trarre dalle scoperte di Pavlov. Se si può provocare il collasso nel sistema nervoso dei cani, lo stesso può accadere per il sistema nervoso centrale dei prigionieri politici. Basta applicare la tensione nella dose opportuna e per l’opportuna durata di tempo. Alla fine della cura il prigioniero sarà in uno stato di nevrosi o di isteria, pronto a confessare tutto quello che vogliono fargli confessare i suoi aguzzini. Ma la confessione non basta. L’uomo ridotto a uno stato inguaribile di nevrosi non serve a nessuno. Al dittatore accorto e pratico non serve un paziente da ospedalizzare, né una vittima da fucilare, ma un convertito che lavori per la Causa. 

E, ispirandosi ancora una volta a Pavlov, apprende che i cani, prima del punto di collasso definitivo, diventano suggestionabili in misura superiore al normale. Quando il cane è al limite della sopportazione cerebrale, è facile installare in lui nuovi moduli di comportamento, moduli che paiono radicati per sempre. Dopo, non è più possibile decondizionare l’animale, ciò che egli ha appreso in stato di tensione resta quale parte integrale della sua struttura. Non solo; si è scoperto che una temperata induzione di paura, di ira, di ansietà, acuisce notevolmente la suggestionabilità dei cani. L’efficacia della propaganda politica e religiosa non dipende, quindi, dalle dottrine che si insegnano, ma dai metodi che si usano. Le dottrine possono essere vere o false, sane o perniciose; fa poca importanza, anzi nessuna. Se la dottrina è impartita nel modo giusto e al momento giusto dell’esaurimento nervoso, essa penetra. In condizioni opportune si può convertire, in pratica, chiunque, a qualunque dottrina si voglia.

Il lavaggio dei cervelli, come si pratica oggi, è una tecnica ibrida, che trae la sua efficacia in parte dall’uso sistematico della violenza, in parte dall’accorta manipolazione psicologica. Sotto una dittatura ben salda e ben organizzata, i nostri attuali metodi di manipolazione semi-violenta parranno certamente assurdi e grossolani. Condizionato fin dalla primissima infanzia (e magari anche biologicamente predestinato), l’individuo comune della classe media o di quella inferiore non avrà mai bisogno di una conversione, e nemmeno di un corso di aggiornamento sulla vera fede.

I membri della casta suprema, invece, dovranno essere in grado di produrre pensieri nuovi in risposta a situazioni nuove; perciò il loro addestramento sarà molto meno rigido di quello imposto a chi avrà il compito non di ragionare, ma solamente di fare, e poi di morire, dando il minimo fastidio. Gli individui della casta superiore saranno sempre esemplari di una specie selvaggia: maestri e guardiani, solo appena condizionati, di una razza di animali assolutamente addomesticati.  Proprio perché selvaggi, potranno farsi eretici e ribelli. Ove questo accada occorrerà liquidarli, oppure riportarli all’ortodossia col lavaggio dei cervelli, oppure infine (come succedeva nel Mondo nuovo) esiliarli in un’isola, dove non possano dar fastidio, se non, naturalmente, l’uno con l’altro.

Ma il condizionamento universale dell’infanzia e le altre tecniche di manipolazione e di controllo, sono cose dell’avvenire e dovranno attendere le prossime generazioni. Prima di giungere al mondo nuovo, i nostri governanti dovranno contentarsi delle tecniche, transitorie e provvisorie, del lavaggio dei cervelli.

Liberamente tratto da:
Aldous Huxley, Ritorno al mondo nuovo, 1958, pp. 229-230, 276-283, Mondadori Libri, Milano, 2018

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Il lavaggio dei cervelli