Un’affermazione letta da qualche parte, in uno scritto di Salvatore Brizzi, forse, anche se non ne abbiamo la certezza. È comparsa di nuovo alla nostra mente di recente, mentre si chiacchierava tra amici, e ci pare possa riassumere correttamente un aspetto importante della nostra attuale posizione esistenziale, che del resto è sempre in divenire… mobile come la vita stessa!

Anche se pensiamo sia, questa, una pietra angolare del nostro sistema di riferimento personale, un sentire particolarmente vero per noi, insomma.

Cosa vogliamo dire con  questo enunciato? Semplicemente che abbiamo vissuto una gran parte della nostra esistenza ponendoci domande – come tanti del resto – sulla natura e sul senso del proprio esserci. Ma sempre e costantemente all’interno della situazione esistenziale stessa. Certo, riflettere su qualcosa è, in un certo senso, cercare di uscire dallo scenario che si sta indagando, sul quale si sta riflettendo, oggettivandolo in qualche modo. Ma, nel nostro caso, ci è sempre sembrata, come dire, un’uscita parziale, non del tutto riuscita. Come se l’osservatore e l’osservato restassero distinguibili secondo categorie semantiche, percettive che permangono nel conosciuto. All’interno appunto di un pre-esistente, dato per scontato. E invisibile. E questo fino a qualche tempo fa.

Fino a quando abbiamo raggiunto un certo livello di convinzione prima e consapevolezza poi – differenza fondamentale – a proposito della tesi che il mondo là fuori è lo specchio fedele del nostro mondo interiore. Letteralmente.

Convinzione di per sé totalmente assurda, per il sentire comune, che stiamo tentando di acquisire grazie anche al reiterato ascolto e studio delle tesi di Salvatore Brizzi, derivante da antiche sapienze. E che stiamo faticosamente cercando di interiorizzare sempre più, ogni giorno che passa.

Attraverso un processo ipnotico1, dirà qualcuno, una sorta di lavaggio del cervello, criticherà qualcun altro. Forse. Ma a nostra discolpa vogliamo qui ricordare le parole dei WingMakers, che abbiamo da tempo fatto nostre:

[…] noi siamo delle sovranità e dobbiamo sperimentare da noi stessi in quanto tali, e non lasciare che altri decidano ciò che dobbiamo o non dobbiamo credere, o ciò che è vero o falso.

Estratto da La quinta intervista al dr. Jamisson Neruda, p.77

Un percorso che – se intrapreso seriamente – conduce ad una vera e propria assunzione di respons-abilità nel senso proprio di essere abili a rispondere. Essere, o cercare di essere,  insomma, sovrani in casa propria. Il che non è proprio una banalità.

È chiaro, o almeno intuibile, che un punto di vista di questo tipo – sottolineato tra l’altro numerose volte anche all’interno del progetto ENOC – comporta una totale revisione del mondo circostante e della nostra posizione in esso. Ci accorda un potere che automaticamente dal mondo passa a noi stessi, se il processo di comprensione riesce ad oltrepassare il livello mentale. In misura tanto maggiore quanto questa credenza riuscirà a raggiungere livelli profondi della nostra interiorità. Sino a diventare una nostra verità.

Il dilemma, per noi, ora, è: “Quanto stiamo effettivamente comprendendo2 questi principî?”

Se ancora non esisti, se ancora non hai un nome, sei un’entità astratta dentro la tua stessa percezione, ti puoi sentire, senti le tue emozioni, ma non sai che cosa sei.

Fabio Ghioni, Apoteosi, 15 – Il giusto movimento, ebook, pos. 493 di 731

 


Podcast di 7′ estratto dal video-corso di Salvatore Brizzi, Gli insegnamenti di Draco Daatson, Anima Edizioni, 2012

Si veda la voce comprendere in Vivere dal Cuore dei WingMakers

 

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Essere “in” questo mondo ma non “di” questo mondo