Per la prima volta non ci troviamo del tutto in accordo con Oscar di Montigny. Un Nuovo Eroe. Un eroe del nostro tempo, che seguiamo da qualche anno e che ammiriamo profondamente. Per la chiarezza di vedute, per la profondità di riflessione e per l’impegno che profonde nel catalizzare un nuovo modo di essere. Un modo che ci conduca verso la nostra vera umanità. Personale e sociale. Lavorando, con coerenza e sincerità, dall’interno del sistema. Partendo da sé stessi. Ma coinvolgendosi ed esponendosi in prima persona con grande passione, sensibilità e intelligenza. Fatto decisamente arduo, se non addirittura eccezionale, per la nostra personale esperienza. Andare contro corrente, ma in modo intelligente e fattivo, lavorando nel e col sistema, sfruttando positivamente la posizione sociale e lavorativa che si è riusciti a conseguire, per proporre un nuovo modo di essere al mondo, è per noi un fatto del tutto straordinario. Decisamente arduo e quindi degno di grandissima ammirazione! Un vero e proprio riferimento di vita. Un faro per il nostro essere e agire quotidiano. Tanto che Oscar di Montigny è, per noi, da porsi alla stregua di un Edward Snowden, che mette in gioco la propria libertà per il perseguimento dei propri ideali.

Ma, dicevamo, c’è qualcosa che non torna, a nostro avviso, nell’ultimo post del suo stimolante blog, di cui abbiamo estratto il titolo. Dove si parla di “paternalismo libertario” di Richard H. Taler.

Estraiamone due passi, rimandando, naturalmente, alla lettura dell’articolo originale:

Se non è immaginabile eliminare del tutto la possibilità che gli individui facciano scelte deleterie, e in ossequio al libero arbitrio non è neppure auspicabile, ciò che invece si può fare è: architettare la nostra contemporaneità in maniera che le scelte virtuose siano più desiderabili agli occhi del singolo individuo.

[…] Una delle responsabilità più grandi del Nuovo Eroe è dunque utilizzare la propria posizione e l’autorità o la fiducia connessi al proprio ruolo per invogliare le persone a scegliere liberamente la via più benefica, per gli individui e per la collettività di cui fanno parte.

Ebbene, diciamo subito che ciò che ha catturato la nostra attenzione, il punto di disaccordo, è il contrasto di senso che i due verbi, che abbiamo evidenziato in grassetto, pongono. Due azioni molto diverse. L’invogliare ha a che fare con il catalizzare l’attenzione degli altri attraverso una nostra manifestazione, o un nostro comportamento pubblico. Mentre l’architettare conserva in sé un qualcosa di manipolativo. Un tentativo, cioè, di far fare, di indurre a… Ecco, il problema. È tutto qui. Ma non è una sottigliezza. Un conto è insegnare attraverso la propria manifestazione, con lo scopo di suscitarne una libera imitazione. E un altro, del tutto diverso, è il tentativo di indurre un certo comportamento nell’altro. Ammesso, poi, che ciò sia realmente possibile.

In ultima analisi, per quanto mosso dalle migliori intenzioni, «chi sono io per poter decidere cosa è meglio per te

Ecco. In questa domanda c’è tutto il nostro disagio, nei confronti di un’azione intenzionale, che tenti di condizionare in qualche modo l’altro. Partendo da un principio “assoluto”, valido di per sé, che ho assurto a riferimento sia per me che per te. E che implica, seppure sottilmente, un vero e proprio tentativo di convincerti. Esercitare un potere su di te.

Non può apparire un po’ arrogante tutto ciò?

Invogliare, sì. Architettare o indurre, no. Mai, secondo noi.

Risposta di Oscar di Montigny
che ringraziamo per il suo sollecito e cortese commento.

Innanzitutto grazie a elleluke.it per le gentili considerazioni espresse nel loro post (http://www.elleluke.it/la-s… a commento di quanto solitamente condivido, e in particolare sull’ultima pubblicazione condivisa sul mio blog (oscardimontigny.it) intitolato ‘La spinta gentile dei nuovi eroi’ http://www.oscardimontigny….
Grazie anche per il nobilissimo paragone con Snowden (!!?).

Sono molto felice del disaccordo espresso! In realtà, infatti, siamo perfettamente in accordo: la questione non sta affatto nel problema di voler architettare, condizionare o convincere chicchessia. Può un padre rilevarsi dall’architettare un’educazione per un figlio o un manager per un collaboratore o un insegnante per un allievo?
La questione sta piuttosto nei metodi utilizzati nel farlo e sui propositi con cui si compie tale azione. Io, ad esempio, vorrei che tutti i miei figli, i miei collaboratori, i miei studenti fossero, in un futuro, migliori di me …magari grazie anche a me.
Perché “vivremo in eterno in quella parte di noi che avremo donato agli altri”.

Alla domanda che quindi mi viene posta da elleluke.it «Chi sono io per poter decidere cosa è meglio per te?» rispondo «Nessuno. Ma non posso certo rilevarmi dall’impegnarmi a rendere te e me, entrambi, degli esseri umani migliori».

(mi sono permesso di pubblicare il medesimo post anche sui miei profili facebook e LinkedIn)

 

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La “spinta gentile” dei nuovi eroi